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L’atto di cessione di cubatura consiste in un accordo in forza del quale il proprietario di un’area edificabile, conservando la proprietà del suolo, trasferisce, in tutto o in parte, la cubatura utilizzabile per edificare sul proprio fondo in favore del proprietario di un’altra area compresa nella medesima zona del Piano Regolatore Generale, affinché quest’ultimo possa disporre di una volumetria maggiore.
L’esatta qualificazione giuridica dell'atto di cessione di cubatura può apparire una questione di interesse meramente teorico; in verità non è esattamente così: qualificare il negozio in parola come ad effetti reali ovvero avente effetti meramente obbligatori determina, tra l’altro, un differente trattamento fiscale.
Stante l’importanza della questione relativa alla natura e al conseguente trattamento fiscale dell’atto di cessione di cubatura, la Cassazione, con ordinanza del 15 settembre 2020, n.19152, ha disposto la rimessione al Primo Presidente della Corte per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
In attesa della pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, si può analizzare l’attuale stato dell’arte in ordine alla questione della natura dell’atto di cessione di cubatura.
Secondo una ricostruzione, da considerarsi in questo momento minoritaria e tendenzialmente non seguita dalla generalità dei Comuni, l’atto di cessione di cubatura avrebbe soltanto effetti obbligatori; in sostanza, l’atto negoziale privato creerebbe unicamente un obbligo a carico del proprietario del terreno cedente i diritti edificatori, obbligo consistente nel non sfruttare la capacità edificatoria del terreno stesso e di compiere quanto necessario affinché detti diritti edificatori vengano attributi dalla Pubblica Amministrazione a favore dell’altra parte. Pertanto, secondo questa ricostruzione, la cessione della cubatura non avverrebbe tramite il negozio privato tra i proprietari dei terreni, bensì in forza del provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato, emanato dall’ente pubblico.
Dal punto di vista fiscale, ricostruire l’atto di cessione di cubatura come negozio ad effetti meramente obbligatori determina l’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota del 3%, ai sensi dell’art.9, Tariffa Parte I, d.P.R. 1986, n.131.
A seguito dell’introduzione nell’art.2643 c.c. del numero 2 bis, che ha previsto la possibilità di trascrivere “i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriali”, la tesi maggioritaria tende a qualificare l’atto di cessione dei diritti di cubatura come contratto ad effetti reali. Tuttavia, tra i sostenitori di questa ricostruzione non vi è univocità di vedute in ordine all’esatta qualificazione giuridica dei diritti edificatori; secondo taluni con l’introduzione del citato numero 2 bis, il legislatore avrebbe tipizzato un nuovo diritto reale, ancorché sui generis, strettamente legato al suolo a cui si riferisce. Una differente corrente di pensiero tende invece a qualificare la cubatura come un bene immateriale di origine immobiliare.
Ebbene, a prescindere dalla esatta qualificazione giuridica dei diritti edificatori, qualificando l’atto di cessione della cubatura come contratto ad effetti reali se ne deve dedurre l’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota del 9%, ai sensi dell’art.1, Tariffa Parte I, d.P.R. 1986, n.131.
In conclusione, si può comprendere come sia di fondamentale importanza l’individuazione dell’esatta natura giuridica dell’atto di cessione di diritti di cubatura. Tra l’altro, sebbene in questo articolo si siano trattate unicamente le conseguenze di natura fiscale derivanti dalla natura del negozio in esame, la qualificazione dell’atto di cessione dei diritti di cubatura riverbera numerosi effetti anche in ordine alla disciplina giuridica applicabile al negozio stesso.
Alla luce di ciò, un intervento chiarificatore da parte della Suprema Corte di Cassazione si rende quanto mai opportuno.