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Cosa accade quando un soggetto è titolare di una impresa individuale ed a tale attività collaborano i suoi familiari?
Sovente tali rapporti si creano “di fatto” e i membri della famiglia non si preoccupano di regolare compiutamente i rapporti tra loro, tanto meno con accordi scritti.
Ciononostante la legge riconosce particolari diritti ai familiari che collaborino con il titolare di una impresa.
Più in particolare, statuisce la legge che nel caso in cui un familiare presti in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare, a meno che il rapporto non sia regolato autonomamente (come ad esempio se si tratti di un rapporto di lavoro subordinato vero e proprio o si tratti di rapporto comunque regolato tra le parti), questi ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia, partecipa agli utili della impresa familiare (nel senso che ha diritto ad una parte dei guadagni dell’impresa), ai beni acquistati con gli utili stessi e agli incrementi dell’azienda, il tutto in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.
La legge precisa cosa debba intendersi per “familiare”: si tratta del coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado (per tali definizioni vedere la voce "Parentela e Affinità").
I diritti sopra citati non sono riconosciuti, pertanto, ad eventuali collaboratori che siano legati da vincoli di grado ulteriore, rispetto a quelli sopra detti, con il titolare della impresa familiare.
Tratto da www.notariato.it